Il noir si addice alla Scozia. Il terreno era, per così dire, fertile: uno fra i creatori dei romanzi di investigazione, sir Arthur Conan Doyle, è nato a Edimburgo; come Robert Louis Stevenson, che fra avventure e storie fantastiche resta fra i maestri assoluti. Oggi, fra le firme più amate nel mondo c’è Ian Rankin, creatore di John Rebus, ispettore a Edimburgo. Rankin, nato a Cardenden, nella Scozia che si affaccia sul Mare del Nord, è la punta di diamante della non conosciutissima produzione di “tartan noir” (si potrebbero ad esempio recuperare i romanzi di William McIlvanney), che oggi può contare su un altro autore molto interessante, Alan Parks, pubblicato da Bompiani. Originario di Glasgow, in cui ambienta i propri romanzi, ha esordito nel 2018 con “Gennaio di sangue”, seguito da “Il figlio di febbraio” (2019).
È arrivato in libreria a metà marzo “L’ultima canzone di Bobby March” (traduzione di Marco Drago), appunto terzo capitolo della saga con protagonista l’ispettore Harry McCoy.
Primi anni Settanta; l’ispettore McCoy, ancora acciaccato dopo le indagini sul serial killer di “Febbraio”, è costretto a indagare su piccole rapine, mentre Raebur, il nuovo capo che lo ha messo da parte privandolo anche del collega e amico Wattie, ha per le mani un caso di rapimento con sospetto di pedofilia. Ma Glasgow bolle e non solo per il caldo dell’estate (le temperature sono molto diverse, rispetto a quelle che definiamo calde: il protagonista dice che la giornata promette di essere insopportabile perché alle 8 e mezza del mattino ci sono… 15 gradi). La nipote del precedente comandante della polizia è scappata di casa; e in una lurida camera d’albergo viene trovato morto, stroncato da un’overdose, un musicista rock che ha avuto un momento di gloria con i Rolling Stones, il Bobby March del titolo. Non basta: qualcuno ha fatto sparire le sue ultime composizioni.
Le storie si mescolano come in un vortice, e Harry McCoy deve riuscire a restare a galla, trovando la chiave di lettura per tutte, fra fiumi di birra e whisky; spacciatori di droga di ogni età, imbroglioni e corrotti. Davvero nessuno è pulito o senza peccato. Leggendo, sembra di tornare alle atmosfere malariche delle città in cui si muove Continental Op di Dashiell Hammett: anche Harry, che può sporcarsi le mani, ha un passato a dir poco difficile e conta sulla collaborazione di un gangster, amico d’infanzia, lotta perché la parola “giustizia” abbia un senso. Rischiando molte volte la vita.
Alan Parks scrive con violenza e musicalità, descrive la crudeltà e il dolore con grande efficacia, senza censure o moralismi, creando quindi una (cupa) atmosfera di realtà. Non bastasse, semina nella storia dettagli che potrebbero aiutare a capire in anticipo il destino di alcuni personaggi. Particolari che forse sfuggono al lettore, ma che l’ispettore McCoy sa vedere e recuperare: è intelligente, un bravo poliziotto e, di fondo, una brava persona. Vale la pena seguirlo.
ps.: Questo articolo è uscito quasi nella stessa “forma” su “Ravenna & Dintorni” in edizione solo pdf di giovedì 30 aprile, poi qui https://www.ravennaedintorni.it/blog/letti-per-voi/alan-parks-alla-scoperta-del-tartan-noir/