Raccontare il genere. Con parole e immagini

Era insito nella scelta di campo, nella volontà di valorizzare la letteratura popolare, selezionando quelle opere di qualità che seguivano un particolare “genere”. Nel 2003 le strade della città vedevano moltiplicarsi coppie di grandi occhi: una serie su fondo giallo e nero, uno diverso dall’altro; un’altra sembrava rubata a un rapace. Thriller da un lato, film horror dall’altro. In ogni caso opere “di genere”. Erano i simboli di “GialloLuna NeroNotte” e di “Ravenna Nightmare Film Fest”, rassegne entrambe alla prima edizione.

Ma a cosa si stava pensando, quando si indicava quel termine? Ci aiuta Franco Calandrini, direttore artistico di Nighmare, oggi rinnovato in “The Dark Side of Movies”: «Il genere. Già il fatto che non si riesca a tradurre  in altre lingue (avete mai provato?) qualche perplessità su quella che sia la sua vera natura,  lo suscita. Il genere: che genere? verrebbe legittimamente da chiedere per dare senso alla locuzione. Per spiegare mi appello ad tautologia cinematografica che ogni tanto mi torna in mente:  c’è  una scena di “King of New York”, in cui uno stralunato e magnifico Christopher Walken, alla domanda in cui gli si chiede  cosa sia un ebreo, lui, tanto sbalordito  quanto incapace di rispondere a  una  domanda tanto complessa quanto  elementare, come questa, risponde (vado a braccio): “Ma come?  Non sai cos’è un  ebreo? (in quel momento passa un rabbino) Ecco,  quello è un ebreo”. Ecco, è molto semplice capire, mentre lo si guarda o lo si legge, cosa sia un romanzo o un film di genere, descriverlo diventa è già molto più  difficile. Tutti capiscono che quando si dice che Stanley Kubrick ha reinventato e re-interpretato il genere,  ci si riferisce a qualcosa di ben preciso. Cos’è “2001: Odissea nello spazio” se non l’unità di misura delle unità di misura con cui si guarderanno  i film di fantascienza dal 1968 in poi. E che dire di “Shining”? Ci sono tanti (non tantissimi) autori che si sono misurati, magari anche solo occasionalmente, al genere: sono loro che, più di ogni altro, ci permettono di capire cosa sia il genere o meno. Semplificando si può dire che se non è un film d’autore, una commedia, un porno, un musical, quasi sempre stiamo parlando di un film di genere. Ovvio che poi questa definizione sottende un arcipelago di generi che spesso confinano tra loro. La linea di demarcazione è sempre più labile e le etichette non hanno mai chiarito alcunché».

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Un “dietro le quinte” del film “Shining”

Perfetto. Così, quattordici anni fa, sono iniziati due percorsi paralleli. Ma, a differenza delle rette geometriche, il percorso oggi si è incrociato e l’esperimento che viene proposto in questo 2016 è significativo. Il lungo periodo di vicinanza culturale, dunque, trova una sintesi che potrebbe segnare in positivo le prossime edizioni. La somma delle due manifestazioni non è semplicemente una questione numerica o quantitativa, ma l’incontro di forze che mirano a raggiungere sempre i risultati migliori nell’ambito dell’offerta culturale e di intrattenimento del territorio. In questo modo il noir, sia sul grande schermo, sia sulle pagine (scritte o disegnate che siano) continua a essere una chiave privilegiata per raccontare la contemporaneità. E non è un caso se il momento di sintesi che apre l’esperimento GialloLuna-Nightmare si materializza nell’omaggio ai trent’anni di attività del più celebre investigatore italiano dell’incubo, Dylan Dog. Il personaggio a fumetti creato da Tiziano Sclavi per la casa editrice Bonelli, approdato anche al cinema.

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Una vignetta da “Nel fumo della battaglia” di Gigi Simeoni

Insieme, dunque, i due festival continuano a proporre visioni e suggestioni, consci di come la paura, emozione primaria, abbia in sé una carica rivoluzionaria fortissima. Lo spavento “insegna”, fa capire e aiuta a crescere; più del dolore fisico. Perché è guardando in faccia il “lupo cattivo” che ci spia ostinatamente dai vicoli della vita sociale o dal sottosuolo della vita interiore, che si diventa adulti.

Quindi, come sempre, viva il lupo. Che in realtà cattivo non lo è mai stato.

Nevio Galeati

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