Carlotto in libreria con due gioielli: “La via del pepe” e “Il mondo non mi deve nulla”

Massimo Carlotto a GialloLuna 2014

Massimo Carlotto a GialloLuna 2014

Ha da sempre il Mediterraneo nel cuore, e lo racconta seguendone le onde, senza abbandonare mai la propria vocazione di autore: indicare il lato oscuro della realtà (e della morte). Massimo Carlotto ha trasferito l’affascinante progetto teatrale “La via del pepe” (reading con musiche di Mauro Palmas e Maurizio Camardi, in alcune occasioni proposto insieme alla voce di Elena Ledda), in un libro: una “finta fiaba africana per europei benpensanti”; lo ha affiancato, con delicatissime e intense illustrazioni, l’artista mantovano Alessandro Sanna (“La via del pepe”, edizioni e/o – 9,50 euro). Al centro la sintesi poetica del dramma di migliaia di migranti, alla deriva nel Mediterraneo a causa della fame e delle guerre che straziano (anche) l’Africa. 5850032_298886

C’è un mafioso libico che conduce un barcone senza speranza verso Lampedusa; un “vecchio legno” che, travolto dalla stanchezza, collassa: “Chiodi e bulloni, a uno a uno, abbandonarono le tavole marce del fasciame”. La morte, che si fa meravigliosa e gigantesca donna d’acqua, trascina tutti sul fondo. Non Amal, il giovane resta a galla perché stringe in mano cinque grani di pepe: sono un talismano donato dal nonno Boubacar Dembele, un uomo che può parlare alla luna e che sa trovare l’acqua nel deserto. E che riesce a distrarre la Morte (quella degli annegati appunto) per salvare il nipote, il cui nome significa “Speranza”. La fiaba è un piccolo gioiello, un testo da leggere nelle scuole e che i ragazzi dovrebbero poi passare ai genitori; poi da sfogliare di nuovo per gli acquerelli. Un altro esempio delle indiscutibili qualità letterarie di Massimo Carlotto.

Poi, per non dimenticare le atmosfere dell’Alligatore, si può passare al romanzo breve “Il mondo non mi deve nulla” (edizione e/o – 9,50 euro). Ladro per necessità e non di professione, quindi senza entusiasmo, Adelmo aspetta il silenzio della notte seduto su una panchina, quasi fosse la visualizzazione della celebre poesia di Jacques Prévert (“La disperazione è seduta su una panchina”, appunto). Sul fondo si il-mondo-non-mi-deve-nulla-massimo-carlotto-sugarpulpsta addormentando una Rimini semi deserta, quella autunnale, delle spiagge ormai vuote e degli hotel chiusi. Ma ecco, una finestra invece aperta, facile da raggiungere: Adelmo può tentare un colpo. Nel buio incontra però Lise, una ex croupier, tedesca, che si è ritirata in pensione in quella ricca palazzina. Quasi lo aspettasse. Sullo sfondo della crisi economica, che ha spinto Adelmo a traghettare nel mondo dell’illegalità e che ha colpito anche la ricca e ancora affascinante Lise, Carlotto parla di amore e delusioni, dei silenzi all’interno di una famiglia, di piccole vendette, sempre rispettando i propri parametri.

Da un lato la struttura impeccabilmente noir, che porta a un finale in sintonia e “sabotatore” (come la collana che l’autore cura per e/o, Sabot/Age); dall’altro lo sguardo alla nostra società e a questi tempi senza orizzonte. Adelmo e Lisa così “danzano” attorno alle proprie contraddizioni, così diversi e insieme tanto simili. E Lise, alla quale “il mondo non deve niente», può dire ferocemente ad Adelmo: «Tu non sei un uomo da fiori, profumi e vestiti. Rassegnati. Tu sei da cioccolatini». Un insulto esplicito, che l’uomo non capisce fino in fondo; e che in realtà neppure merita. Poi danzano davvero, perché, come Adelmo finisce per confessare, «A me piace ballare. Altroché se mi piace». La scrittura di Massimo Carlotto è come sempre cristallina, asciutta ed efficace; vengono in mente i migliori romanzi di Jean-Patrick Manchette, da “Posizioni di tiro” al capolavoro “Fatale”.

Imperdibili entrambi.

Nevio Galeati

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